
Questo è un articolo vecchiotto, pubblicato su medium nel 2018, credo rimanga piuttosto attuale.
Questa mattina [era il 2018 appunto], sono inciampato in un link di interesse. Corrado Ocone parla di Politicamente Corretto definendolo una minaccia per la cultura dell’occidente . Mi è venuta voglia di recuperare un vecchio libro, che fece un discreto successo che portò in Italia il tema. Pubblicato da Adelphi negli anni ’90 (un eone fa) “La cultura del piagnisteo, saga del politicamente corretto” di Robert Hughes cercava nel 1992 di descrivere un fenomeno che stava diventando enormemente pervasivo nella cultura pop.
Ho cominciato a rileggerlo, più per affetto di quei tempi che alla ricerca di qualcosa, e invece:
Ciò che Erode antivedeva era l’America degli ultimi anni Ottanta e dei primi anni Novanta. Un paese ossessionato dalle terapie e pieno di sfiducia nella politica formale; scettico sull’autorità e preda della superstizione; corroso, nel linguaggio politico, dalla falsa pietà e dall’eufemismo. Simile alla tarda romanità (e non all’Urbe del primo periodo repubblicano) per la vastità della sua sfera imperiale, la corruzione e la verbosità dei suoi senatori, l’affidarsi alle oche sacre (pennute antenate dei nostri demoscopi e opinionisti di parte) e l’assoggettarsi a senili imperatori divinizzati, dominati da astrologi e mogli dissipatrici. Una cultura che ha sostituito gli spettacoli dei gladiatori, come strumento per sedare le folle, con guerre ultratecnologiche teletrasmesse, che causano massacri enormi e tuttavia lasciano intatto il potere dei satrapi mesopotamici sui loro sventurati sudditi.
Hughes cita un passo biblico e lo collega alle vicende della sua America, dell’America contemporanea alla sua scrittura che era quella di Bush padre. Un’America che riconosciamo e che somiglia molto (satrapi a parte, la cui riconoscibilità è ovvia) anche a un approccio della politica di casa nostra.
Nihil sub sole novi dicono i latini. E questa massima ci accompagna, da secoli. Mi domando con sempre più forza se lo sport di stracciarsi le vesti per una contemporaneità che vieppiù tradisce i valori su cui si fonda la nostra civiltà, non sia la disciplina del miope, dell’ignorante, dell’uomo in malafede.