

Non è un testo recente, un saggio del 2016 può risultare antico, ma solo da qualche punto di vista.
Trovo il nesso tra ‘propaganda’ e ‘pop’ estremamente attuale, sempre più attuale e sempre più cogente.
Un connubio che ci interroga, a cui dobbiamo dare risposte.
Simboli e insoddisfazione
E il nostro Davide Mazzocco, coglie due elementi che io trovo centrali in ogni riflessione sulla contemporaneità: da un lato i simboli, di cui il mercato è ghiotto e di cui “ha necessità per polarizzare le aspettative”.
E in seconda istanza il concetto di “Insoddisfazione, che è il motore della dinamica produttore – consumatore”. Che così enunciato ricorda la dialettica ‘servo – padrone’ di Hegel.
Quindi, andando per ordine i simboli, di cui il mercato è ghiotto e di cui noi non siamo in grado di fare a meno, simboli che sono così intensi da avere nel cinema una “infrastruttura dell’immaginario” che ci rende così scoperti di fronte al nostro ricordo. E così “Games of Thrones” si sovrappone ai nostri studi di storia e confondiamo la storia scritta sui libri con quella vista nelle serie tv, in un mescolone in qualche caso esplosivo che ci rende più vulnerabili al racconto che ci viene fatto.
Se nel medioevo ci fu la caccia alle streghe (e non ci fu) siamo a discutere della stagione buia che lo stesso rappresentò, perdendoci pezzi significativi di storia vera. E se questo è il grado di competenza che noi abbiamo nella storia, mal ce ne incolse quando si tratta di storia contemporanea.
Analogamente, il concetto di insoddisfazione al servizio del mercato, ci rende vulnerabili (ancora) e ricattabili. Non tanto perché qualcuno possa costringerci a comprare qualcosa, ma quanto perché senza la minima costrizione, il nostro essere “in difetto” nei confronti dei nostri contemporanei, ci rende degli splendidi acquirenti compulsivi.
Intrattenimento e politica
E nell’era digitale la propaganda pop dilaga ovunque, sia perché noi crediamo che “l’intrattenimento quotidiano sui social possa valere come atto politico”, con la conseguenza che il nostro commentare o indignarci ci rende cittadini a tutti gli effetti, al punto che il voto (lo abbiamo notato tristemente) non è poi così necessario, – sono bel altre le sedi dove posso esprimere le mie opinioni! –
E paradossalmente, ma poi nemmeno tanto, la propaganda diventa una sorta di “flusso bilaterale nel quale gli individui sono tanto antenne captatrici quanto emittenti ripetitori del messaggio propagandistico”. Con una efficacia pari solo alle vendite a casa delle vicine dei prodotti della casa, molto in voga negli anni ’70.
E uno dei motivi per cui la propaganda si fa pervasiva ed efficacissima è perché “privacy e diritto alla riservatezza … vengono svenduti in cambio di legittimazione sociale e accesso ai servizi gratuiti”, senza pietà, senza requie, senza attenzione.
Siamo analfabeti in ambito di comunicazione e siamo immersi in una quantità formidabile di messaggi estremamente puntuali ed efficaci, costruiti sulle nostre esigenze, aspettative, paure.
Viviamo in un mondo che ci assomiglia sempre di più, e che ci vende quello che noi non sappiamo ancora di desiderare.
Infantilizzazione della società
Era il 2011 e a Londra ci furono i famigerati riots per protestare per la morte di Mark Duggan:
“I rivoltosi non rubano pane ma IPhone. Il paradosso delle rivolte londinesi è che quella brutalità apparentemente anti ideologica nasconde la piena adesione all’ideologia consumistica”.
Crediamo di costruire una risposta al problema del malessere della società e inciampiamo nei suoi idoli e nei suoi simboli.
Siamo intrappolati in un perenne desiderio che ci travolge, dal quale non vogliamo uscire.
La scommessa diventa, sempre di più, la consapevolezza. Una consapevolezza fondata sull’umanesimo che ci metta nelle condizioni di decrittare un messaggio, diversamente incomprensibile.
Mazzocco da uno spaccato interessante e ancora attuale, sebbene ormai passato alla storia, di un meccanismo con cui dobbiamo necessariamente fare i conti.